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"Chi pensa, sia che pensi il vero, sia che pensi
il falso, sta comunque pensando." (Platone,
Filebo)
L'opera d'arte
si evolve sin dal suo concepimento, e lungo il percorso della
sua esistenza aggiorna i suoi dati. Se dovessimo invertire
il discorso, affermando che è l'uomo con la sua lettura ad
aggiornare l'opera, non cambierebbe l'assioma. Dobbiamo
considerare che alcune opere di pittura, più di altre
stimolerebbero con la loro ambiguità la nostra fame di
apprendimento a capire, per esempio, alcune famose incompiute,
come la Pietà Rondanini, la cui lettura è a più
stratificazioni. Si dice che un'opera non appartiene mai
del tutto al suo autore, in quanto la collettività ha già un
patrimonio di esperienza comune, che sarà la base di un altro
individuo cui assommerà il proprio sapere. L'opera d'arte è
una stazione d'osservazione speciale e il suo significato è
più vicino al concetto delle cose che rappresenta che alla sua
realtà oggettiva. Vi sono artisti, come l'olandese
Heironymus Bosch (1450-1516), l'olandese Pieter Bruegel il
vecchio (1525-1569), e il veneziano Giambattista Piranesi,
(1720-1778), le cui opere continuano a far da modello agli
artisti successivi, come "Il trittico del giardino delle
delizie" di Bosch, "La grande Torre di Babele" di Brueghel e
infine l'opera delle "Carceri" di Piranesi. Opere che fanno
parte dell'immaginario collettivo: sono simboli, allegorie
criptiche, che travalicano la pittura e l'architettura
ordinaria per sfociare in canali adiacenti come i films,
spettacoli, sempre alla ricerca della filosofia esistenziale
di quella massima che si interroga, su chi siamo, dove
andiamo, donde veniamo. Questi tre autori, sono tra loro
molto più vicini di quanto possa sembrare, in un certo modo
interagiscono, sono attigui. I loro confini si toccano, le
loro immagini, presenze inconsce e primordiali, sono ancora
oggi presenti nella nostra memoria profonda; ed è proprio il
risveglio di questi archetipi a chiudere il cerchio di questa
intesa. In questa memoria ci sono il sottosuolo, le grotte,
gli antri della Napoli sotterranea, chilometri di caverne che
sono servite agli uomini per millenni a vari scopi, cave,
canali, luoghi rituali, rifugi, e quant'altro. Bruegel,
rievoca tutto questo con la torre di Babele, riveste una
montagna con una spirale di archi e contrafforti, che si
appoggiano ad un'anima interna, che è la massima struttura e
conoscenza tecnologica di quell'epoca. Un fatto singolare è
che sia Brueghel che Piranesi si sono interessati al
colosseo;
Brueghel come
maestosità e mistero, trovando ispirazione per la sua Torre di
Babele, Piranesi come sguardo indietro alla storia e al suo
senso paradossale. Entrambi sono rimasti affascinati dai suoi
percorsi labirintici e dalla sottrazione ed esproprio dei suoi
marmi (dovuto ai continui prelievi che i cittadini romani
effettuavano per rivestire i loro palazzi), mostrando nella
sua scarnificazione strati sottostanti, come un lasciare a
nudo le loro viscere. Tre personaggi a confronto, vicini
più di quanto si crede: interrogati sono contraddittori e
distanti tra di loro; ne diamo una dimostrazione attraverso
una intervista possibile effettuata alle loro opere che
perpetuano agli autori una costante giovinezza. Ancora
oggi, sentendoli così vicini, gli rivolgiamo cinque domande,
le stesse per ognuno.
Domanda: La pittura è
sempre stata autoreferenziale; nella sua opera c'è una
costante fantastica; come nasce e si sviluppa questo aspetto?
HIERONYMUS BOSCH:
« Il mondo in cui vivevo io
era come quello attuale; c'era la letteratura e la cultura
popolare, e poi c'erano gli spiriti come il mio, un poco
bizzarri, sornioni, leggeri ... tra le virtù più importanti
l'ironia che aiutava a vivere tra tutti quei bisogni
quotidiani, e i miei concittadini adoravano la mia pittura
perché rappresentava, per immagine simbolica, tutto il loro
sapere che era fatto di proverbi e citazioni»
( H. Bosch, Venditore
ambulante, dettaglio)
PIETER BRUEGHEL:
«Mi piaceva la vocazione al
paradosso di Bosch come appendice alle mie opere, ma la mia
vera vena poetica oscilla tra il classico e il
romantico. Lo spazio che rappresento, nelle mie opere, è
evocato realisticamente. Nella "caduta di Icaro" è
rappresentato in primo piano un contadino e un pastore al
pascolo, e solo in profondità una indefinita figurina rievoca
l'evento» ( P. Brueghel, La caduta di
Icaro e dettaglio)
GIAMBATTISTA PIRANESI:
«Venivo da una grande civiltà di
mercanti, navigatori e artisti. Mi trasferii a Roma per amore
della archeologia di una civiltà eterna. I miei occhi
misuravano queste architetture con la grandezza delle loro
imprese e con i loro eroici condottieri: era come se leggessi
i testi dei loro architetti e ingegneri; questo mi esaltava.
L'esercizio continuo del disegnare ruderi archeologici ha
ispirato la mia natura vedutista, passando in seguito da una
visione reale a quella immaginaria» ( G.
Piranesi, Il colosseo - interno)
Domanda:
La scelta fantastica e visionaria esigeva
una risposta di intesa da parte dei suoi sostenitori; lei con
il suo modo di dipingere che appagamento ne ha
ricevuto?
HIERONYMUS BOSCH:
«Il mio dipingere mi piaceva anche
come esercizio materiale; avevo predisposto e già pronti i
colori base, fluidi al pennello, poi capitava che mentre
dipingevo cambiavo idea e seguivo qualche concetto nuovo
disorientante, ma quelle incomprensioni che appaiono oggi,
allora non c'erano, come gli abbinamenti di figure, piante e
animali: nella vita di lavoro sentivo una doppia personalità
che si alternava in me, un poco diavolo e un poco angelo, a
volte più tentato dal demonio»
( H. Bosch, Trittico del Giardino
delle Delizie - dettaglio)
PIETER BRUEGHEL:
«Io ero presente in
ogni festa contadina, suoni , balli, scherzi maliziosi tra
uomini e donne e poi gli odori, si mangiava, si amava, si
giocava, tutto per la gioia dei sensi: ero uno di loro, li
rappresentavo: sono stato in Italia a Napoli, ne dipinsi il
porto; seppi di Michelangelo, erede diretto di Dio, che voleva
scalpellare una intera montagna per ricavarne una statua
gigante. Dipinsi qualcosa di simile con la torre di babele,
una montagna antropizzata»
GIAMBATTISTA PIRANESI:
«La sopravvivenza
della mia opera è dovuta alla grandezza di Roma (caput
mundi): tutto ciò che è Roma è eterno; tuttavia anche
coloro che conoscono la mia opera ricevono sempre
l'impressione che io sia un usurpatore di una fama impropria,
come un minore, vagante nei secoli, come un illustratore di
cartoline dei ruderi romani. No, io pur essendo architetto, ho
sempre scritto trattati con i miei disegni, e ciò che più mi
rende orgoglioso è che continuo a farli scrivere dai miei
sostenitori, che decifrano il significato delle mie opere e le
considerano degne di un trattato di filosofia, di psicologia e
di psichiatria; mi riferisco soprattutto ai diciassette rami
che compongono la serie delle carceri, che nacquero come
diretta conseguenza delle ricerche condotte sui disegni delle
antichità romane»
Domanda: Ancora oggi
nella sua opera si evidenzia il senso del mistero e il gusto
del paradosso, elementi che creano interesse e fanno discutere
da secoli; ci spiega che cosa è questa
fenomenologia?
HIERONYMUS BOSCH:
«Vede, in me era tutto
chiaro, il mio spirito era così, vivevo di paradossi; tutta la
mia opera è un continuo gioco d'artificio, è un film con gli
effetti speciali con l'aggiunta dell'umorismo e ironia. Io
rappresentavo l'animo nobile del mio popolo: ero il loro humus
culturale. (H. Bosch, Trittico del
Giardino delle Delizie - ante esterne-) Volevo
sentire e trasmettere lo stimolo della sorpresa, del
paradosso; prendiamo in considerazione il "Trittico del
giardino delle delizie", il quale raccoglie ciò che si può
attribuire alla fantasia, ma, ad osservarlo attentamente, dai
temi che affronta (corpi divorati e quant'altro) risulta più divertimento che
orrore; fui definito dai miei contemporanei l'inventore dei
mostri comici e ironici, ma soprattutto un maestro
incorruttibile del mistero che circonda le cose. Altro
aspetto del mio lavoro è la ricerca costante della leggerezza
e della transitorietà ed instabilità: tutto è tenuto insieme,
in una totale precarietà, in cui, se si spostasse un tassello,
tutto cadrebbe senza un minimo rumore» (H.
Bosch, Trittico del Giardino delle Delizie)
PIETER BRUEGHEL:
«Un'opera d'arte è
come l'uomo: ha le sue profondità. In una piccola tavola cm
52x78, "Il paese della cuccagna" (prime due
foto da sinistra- particolari), la crudele immagine del
maialino, ha più letture, così pure la improbabile e
paradossale prospettiva della forca della gazza nell'opera "La
gazza sulla forca" (terza foto,
dettaglio). Esercizi in cui non c'era niente di
gratuito: io ero così, come appaio, pungente, tenero e
crudele, serio e burlone, insomma contraddittorio. Come pure, "La parabola dei
ciechi" (a sinistra), tratta dal
vangelo, in cui si dice: "Se un cieco guida un altro cieco,
entrambi cadono in qualche fosso. Agli occhi miei le cose non
erano misteriose: vivevo la mia vita sociale di buon
cittadino, denunciavo con l'arte gli errori dei nostri
amministratori; Queste opere che nascevano legate alla
cronache del tempo, con il passare dei secoli, sono diventate
emblema di principi inalienabili, legati alla creatività e
alla qualità della mia opera»
GIAMBATTISTA PIRANESI:
«Io dovevo vivere
del mio lavoro e la grande passione per l'architettura
classica mi offriva la possibilità di trovare un luogo fertile
per commerciare la mia produzione di acquaforti; le stampe
dell'antica Roma hanno sempre interessato il turismo
culturale: due necessità, due amori che ho onorato al meglio.
Il tempo ha maturato inconsciamente certe mie fantasie,
ispirate a una mia architettura di pura fantasia, certamente
derivate dai miei studi precedenti. Riassemblando gli stessi
elementi di sempre, ma in maniera del tutto liberi: ruderi,
epigrafi, uomini sono scaturite le architetture visionarie,
(uomini, entità minime che sopraddimensionano la
spettacolarità, accrescendone il mistero con l'assenza di ogni
riferimento logico); lo spazio vago, indefinito, in cui ogni
luogo privato, è negato; non v'è alcuna possibilità di
evasione perché, non esiste l'idea di inizio e fine, non c'è
una uscita: così nascono le carceri»
(G. Piranesi,
"carceri")
Domanda: Dall'alto del
suo vissuto, è legittima questa fortuna e l'interesse che
ancora riceve la sua opera?
HIERONYMUS BOSCH:
«La profondità è nascosta in
superficie, e per avvicinarsi alla sua comprensione la
dobbiamo descrivere più che spiegare. Tutte le opere hanno più
letture, alcune apparenti, altre oscure. Ma è soprattutto il
lato oscuro, che risponde a chi sa interrogarlo, e ci sa dire
di sé i segreti di quegli uomini che furono testimoni del loro
tempo che non c'è più»
PIETER BRUEGHEL:
«La torre di Babele è una montagna, è un
olimpo. Il suo valore è la monumentalità da favola. La sua
mole si situa al centro tra un mare, un fiume e una immensa
vallata abitata. Dicono che i filosofi la amino perché ricorda
la babele biblica dei mille linguaggi ambigui e falsi; se così
fosse basterebbe ciò che fu scritto. La mia torre è qualcosa
di più e le mie parole non possono sostituirsi all'immagine:
per raccontarla bisogna ammirarla»
(
P. Brueghel, La Grande Torre di Babele )
GIAMBATTISTA PIRANESI:
«Il corpo del mio lavoro sono i
miei disegni, e la bellezza orrida delle mie carceri sta
nell'abisso del suo significato psicologico: la filosofia ne
ha fatto un caso per le sue indagini speculative; la
psichiatria ne ricerca i recessi per lo studio della mente
umana. ( G. Piranesi,
carceri) Queste carceri sono fotogrammi: ne
percepiamo solo delle inquadrature, poche che stanno
influenzando da anni schiere di operatori; sono state
adoperate come apripista per il loro lavoro da scrittori,
filosofi, poeti, disegnatori di fumetti e di cartoni animati,
disegnatori di video giochi, e da pittori, scultori ,
sceneggiatori. A tutti le carceri, sono servite come
chiavi, per l'accesso ai propri mondi interiori»
Domanda: Sarebbe
possibile, da parte sua, farci capire che cosa è racchiuso
nella sua opera che ancora vive nel mondo attuale come
pensiero moderno?
HIERONYMUS BOSCH:
«Svecchiando lo
stile pittorico del tempo, la mia opera è un archetipo dello
spiazzamento continuo, un gioco al paradosso: è come una serie
di pellicole cinematografiche proiettate contemporaneamente su
uno stesso schermo, la cui lettura è la somma di tutto
simultaneamente: si creano così eventi contrapposti, i cui
rimandi possono sconvolgere coscienze sempre più alienate nei
suoi intimi recessi mentali.»
PIETER BRUEGHEL:
«Ogni artista,
anteriore o posteriore a Lewis Carrol, ha agito e agisce come
lui, che con le sue favole fa varcare ad Alice la soglia dello
specchio, ed è solo al di là di questa che accadono le magie e
le profezie. Gli occhi dell'artista sono lo specchio
dell'anima che permettono, attraverso l'orizzonte degli
eventi, di godere la visione di altri mondi. La nostra opera è
il documento di ciò che cerchiamo»
GIAMBATTISTA PIRANESI:
«Nulla è mio e
nulla è dovuto a nessuno: tutto è un sistema di relazioni e
interfacce. Se io ho amato l'antichità di Roma, se ho amato
il Palladio e i veneziani è perché ero predisposto a questo,
come coloro che ho amato erano predisposti a quelli che li
hanno preceduti: tra noi artisti vi è uno specchio che ci
incanta e ci lusinga; l'uomo si ricerca, cerca se stesso: ecco
la magia dello specchio, siamo attratti da noi per capire.
Zenone, V secolo aC. in un suo paradosso, ci parla della
freccia che, una volta scoccata, analizzata concettualmente,
nella sua traiettoria spazio - tempo, ha dei momenti in cui è
ferma e sospesa nello spazio; e si può aggiungere che tra un
punto e l'altro c'è uno abisso che nessun ponte mentale può
congiungere: in questi spazi esistono altri mondi. L'infinito
non può essere contenuto, il pensiero emigra, viaggia, è
eterno: le idee sono circolari e si trasmettono per
contatto»
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Immagini - Riferimenti Bibliografici
1. Ritratti: - H. Bosch in W.
Bosing, Bosch, Gruppo Editoriale L'Espresso - P.
Brueghel, Rose - Marie e Rainer Hagen, Brueghel, Gruppo
Editoriale l'Espresso - G. Piranesi in Luigi Ficacci,
Catalogo completo delle acqueforti, Taschen
2. Le immagini delle Opere di H. Bosch sono
tratte da F. Varallo (a cura di), Bosch. La vita e l'arte.
I capolavori, Rizzoli / Skira 3. Le immagini delle
Opere di P. Brueghel sono tratte da P. Allegretti (a cura
di), Brueghel. La vita e l'arte. I capolavori, Rizzoli
/ Skira 4. Le immagini delle Opere diG. Piranesi sono
tratte da L. Ficacci, Catalogo completo delle
acqueforti, Taschen
Scritti
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